Gli “esseri umani – scrive Bessel Van Der Kolk – sono creature che creano significati”. [1]
In questa affermazione di uno dei pionieri della moderna psichiatria è racchiusa la sintesi del tema fondamentale del rapporto tra l’essere umano e il “fondamento di informazione significante” che, in altri termini, possiamo chiamare Arché o Tao o Ceugant o, ancora, Vuoto quantico.
L’essere umano, in quanto creatore di significati, si pone come agente nella rete di energia informata che costituisce il tessuto dell’universo (degli universi) e questa sua attività implica una sua grande responsabilità, alla quale un’eteria iniziatica ha il compito e il dovere di educarlo, allorquando l’essere umano bussa alla porta del Tempio dell’Uomo e del Cosmo per intraprendere un cammino iniziatico.
Grande è, pertanto, la responsabilità di chi guida un’eteria iniziatica e ancora più grande tale responsabilità diventa allorquando l’eteria iniziatica attiva un’eggregora, ossia un aggregato di pensiero significante.
Il vocabolo eggregora si vuole derivi dal greco gregoreo: vegliare, vigilare o dal latino gregge, branco e, per estensione: gruppo.
Si tratta di una vocabolo proprio dei temi dell'occulto e dell'esoterismo, anche se fenomeni simili all'eggregora sono osservati dalla sociologia e dalla psicologia sociale, ma ripuliti da connotati mistici.
Il concetto base dell'eggregora è che un pensiero intensamente partecipato da un gruppo di persone, così come un sentimento, possa generare un'entità autonoma, una concrezione di quel pensiero o di quel sentimento.
L'idea di eggregora collegata etimologicamente alla vigilanza è tipicamente esoterica e riguarda entità chiamate a vegliare o a sorreggere. Rientrano in questa categoria, ad esempio, gli angeli, gli spiriti protettori, il genius loci, gli “Aiutatori invisibili” descritti da C.W.Leadbeater. [2]
L’etimo latino vuole l'eggregora collegata a qualcosa di prodotto dal gruppo e si trova più in linea con le dinamiche confermate dalle scienze psicologiche e sociali.
Più semplicemente, l'eggregora si può pensare come l’attribuzione di una personalità, di una forma, all'informe nuvola di pensieri e sentimenti condivisi intensamente da un gruppo.
In questa seconda accezione, l’eggregora può essere considerata una forma-pensiero collettiva, come quelle nate ad esempio da una fervente preghiera collettiva, da una terapia di gruppo, da un'energia di guarigione o in generale da un rituale.
Un mondo di pensieri dotato di autonomia
Il filosofo della scienza Karl Popper, in un saggio sulla teoria della conoscenza, dal titolo emblematico: “Tutta la vita è risolvere problemi”, parte dalla considerazione che l’essere umano è un “essere spirituale, almeno finché è in piena coscienza; è un essere spirituale, un Io, una mente, la quale è strettamente legata ad un corpo che soggiace alle leggi della fisica”. [3]
Popper pone, dunque, il problema millenario dell’interazione tra il corpo e la mente, al quale si accompagnano quelli della conoscenza e delle modalità del conoscere.
“Mi presento, dunque, – scrive in proposito Popper – come un realista metafisico che accetta la teoria dello sviluppo e che, come forse posso permettermi di sottolineare, ha introdotto nell’epistemologia il problema dinamico della crescita della nostra conoscenza”. [4]
Nel rapporto corpo mente Popper teorizza anche la presenza di un “mondo 3”, che si relaziona a un “mondo 2”, quello psichico e a un “mondo 1“, quello materiale. Scrive Popper: “Chiamo «mondo 3» nel significato più ampio del termine il mondo dei prodotti dello spirito umano; nel senso più stretto, in particolare, il mondo delle teorie, comprese le teorie false; e il mondo dei problemi scientifici, compresi i problemi riguardanti la verità o la falsità delle diverse teorie. In senso lato, appartengono al mondo 3 anche le poesie, le opere, i concerti di Mozart. Ma se si vuole, si può chiamare il mondo delle opere artistiche mondo 4. E’ una questione di terminologia”. [5]
Il “Mondo 3” di Popper è il mondo dei prodotti delle menti umane, che ha una sua autonomia e nel quale si verifica il sorgere autonomo di problemi non pensati: un “mondo” intelligente e problematico.
Non mi soffermo oltre sulle teorie popperiane in merito, rinviando, ovviamente, ai suoi testi chi volesse approfondire l’argomento.
In questo contesto mi pare di poter affermare che il mondo intelligente e problematico di Popper si propone come un’enorme eggregora, formata dal pensiero dell’umanità storicamente strutturatosi nei millenni, dotata di una propria autonomia e, per questo, capace di proporre problemi non pensati.
Nel Mondo 3 trovano una loro collocazione possibile anche gli archetipi, forme pensiero universalmente condivise.
Un fondamento di informazione significante
Il concetto di “mondo” intelligente introduce, a mio parere, quello di energia informata o, meglio, di un Fondamento di Informazione significante, che agisce (energia) e agendo dà luogo ad eventi.
“Secondo i fisici – scrive Siegel – la migliore definizione di energia è «il potenziale di fare qualcosa». Questo potenziale si misura appunto come movimento fra la possibilità e l’attualità lungo uno spettro di probabilità chiamato talvolta funzione d’onda o curva di distribuzione delle probabilità. […]. Una parte di questo flusso emergente di energia ha una valenza simbolica, ossia un significato che va oltre il pattern di energia in se stesso. Dal campo delle scienze cognitive sapevo che questo significato simbolico poteva essere definito «informazione»”. [6]
L’energia contiene informazioni e le informazioni sono trasportate lungo onde di energia. Alcuni scienziati, come David Bohm, ritengono che l’universo sia composto essenzialmente di informazioni e che gli schemi energetici emergano da questa base della realtà fatta di informazioni.
Questa Informazione significante in azione, che potremmo definire Anima dell’insieme dei mondi, della quale le anime individuali sono frattali inducenti eventi, è Informazione significante energeticamente morfogenetica. Questa Anima dell’insieme è un’idea della divinità che la mente riesce a comprendere; è un creatore comprensibile.
Il concetto di mente implica già l’esistenza di un evento, in questo caso l’evento essere umano, ossia un Io, così come il concetto di Mente Universale implica l’esistenza dell’evento universo, che non è l’unico, ma è una parte frattalica di quell’insieme che Giordano Bruno indicava come “infiniti mondi”. Ne consegue che la Mente Universale non è il Fondamento.
Il Fondamento del Tutto è Informazione e la conoscenza è la modalità con la quale gli esseri umani apprendono dal Fondamento e interagiscono con il Fondamento.
Possiamo a questo punto pensare ad un Fondamento di informazione significante che per sua Volontà si attiva come “Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica”, la quale dà vita alla morfogenesi di “Eventi energeticamente informati”.
In questo possibile schema relativo al Fondamento del Tutto, il vero mistero è la Volontà. “Vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” (Dante, Divina Commedia, Inferno), afferma Virgilio riferendosi a Dio e alla sua volontà.
Per quale motivo il Fondamento di informazione significante si attivi in “Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica”, la quale dà vita per morfogenesi a “Eventi energeticamente informati è, e rimane, il vero mistero.
Questa idea relativa al “divino” apre ampi spazi alla spiegazione scientifica senza per questo varcare il limite dal mistero. Possiamo ipotizzare che ciò avvenga per ardore (tapas) o per la necessità del Fondamento di conoscersi mediante l’azione manifestativa (il mito dello specchio di Dioniso), dalla quale sorge anche la necessità dell’uomo indicata da Apollo: “Conosci te stesso”. Possiamo ipotizzare che lo abbia voluto per Amore (Eros), incontenibile pulsione vitale della potenza a tradursi in atto. Possiamo ipotizzare infinite altre risposte, ma la nostra domanda sul perché rimane inevasa.
Per Schopenhauer la Volontà è l’essenza universale del mondo e “il corpo dell’uomo non è altro che la volontà divenuta visibile”. (Nachlass).
In questo possibile schema un’Anima Insieme è già Fondamento in azione ed è l’insieme della anime individuali dei singoli “Eventi Energeticamente Informati”.
Il concetto di Anima, pertanto, riassume quello di Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica.
In questo possibile scenario il mondo 3 di Popper è il luogo nel quale si incontrano e interagiscono la Mente Universale (MU) e la mente umana (mu). In questo senso, il mondo 3 di Popper, ha “natura di realtà” ed è “parzialmente autonomo”; “cioè, possiede strutture interne che sono almeno parzialmente indipendenti dal mondo 2”. Non solo. Il mondo 3 può direttamente influire sul mondo 1, ossia sul mondo fisico, in quanto il mondo 2 è il ponte tra il mondo 3 e il mondo 1.
Le leggi della natura, ad esempio, secondo Popper, sono “scoperte”, dagli esseri umani e le successive teorie scientifiche, prodotto dell’elaborazione delle menti umane, entrano nel patrimonio del mondo 3 che si arricchisce, aumentando il patrimonio di conoscenza che per gli esseri umani è pensiero oggettivato, relativamente autonomo, reale e incidente sul piano fisico. Esistono, sostiene Popper, “oggetti che appartengono solo al mondo 3; per esempio, una dimostrazione non ancora scoperta, a cui un matematico oggi lavora e che egli domani scoprirà”. [7] La mente umana, sostiene Popper, “non consiste di semplice consapevolezza, ma è continuamente accompagnata da un sapere che è ancorato alle teorie del mondo 3”.[8] Da qui anche la possibilità concreta che i processi fisici “possano dipendere da processi mentali. [9] Un concetto, questo, che introduce quello del rapporto mente-corpo.
Il rapporto corpo-mente
Il rapporto reciproco tra mondo 2 e mondo 1 e tra mondo 3 e mondo 1, mediato da mondo 2, attiva il problema del rapporto tra corpo e mente e tra mente umana (mu) e Mente Universale (MU).
“Il rapporto corpo-mente – scrive Popper – consiste nel chiedersi se e come i nostri processi di pensiero nel mondo 2 siano legati a processi cerebrali nel mondo1”. [10]
Popper considera in proposito come valido il rapporto “interazione psico-fisica”, dove il mondo 2 e il mondo 1 sono in interazione, così che “nel leggere un libro o nell’ascoltare una conferenza si sviluppano processi di pensiero che influiscono sul mondo 2 dei pensieri del lettore o dell’ascoltatore; e, viceversa, quando un matematico segue una dimostrazione, allora il suo mondo 2 influisce sul suo cervello e con ciò sul mondo 1. Questa è, dunque, la tesi delle interazioni psico-fisiche”. [11]
Il mondo 1 è inoltre influenzato e influenza il mondo 3. “In ogni caso –sostiene Popper – e prima di ogni altra cosa, la mia discussione sull’esistenza del mondo 3 contiene argomenti che, così mi pare, attestano e garantiscono l’esistenza del mondo 2 come intermediario tra il mondo 3 e il mondo 1”.[12]
Il rapporto tra corpo e mente e tra mondo1, mondo 2 e mondo 3 è significativo, in quanto ripropone la questione della responsabilità riguardante ogni nostro pensiero, ogni nostra creazione di significati, poiché questi possono influire sul nostro equilibrio psico-fisico. Una responsabilità tanto più evidente per chi guida o partecipa ad un’eteria iniziatica, ragione per la quale nelle tornate massoniche il Maestro Venerabile e i due Sorveglianti dicono ai partecipanti che nel Tempio massonico tutto deve essere: “serietà, senno, beneficio e giubilo”.
Tale regola essenziale non riguarda il bon ton, ma il corretto e responsabile rapporto con l’eggregora.
Qualsiasi atteggiamento non rispettoso della conduzione serena della tornata è dannoso non solo al buon andamento della tornata stessa, ma all’equilibrio psico-fisico di chi partecipa.
La lamentela danneggia la salute
La lamentela, ad esempio, danneggia l’equilibrio psico-fisico provocando nella mente un cortocircuito che genera un circolo vizioso di pensieri negativi.
Recenti ricerche scientifiche, fatte anche alla Stanford University, hanno dimostrato che sono sufficienti 30 minuti al giorno di ascolto di lamenti contenuti intrisi di “negatività” perché i neuroni dell’ippocampo, per un meccanismo di selezione dei contenuti e di autodifesa, si spengano, rendendoci meno creativi e meno recettivi agli stimoli esterni.
La lamentela viene processata in quella parte di cervello dedicata alle funzioni cognitive normalmente usata per risolvere i problemi e la sua presenza causa letteralmente una rimozione di neuroni.
Ecco l’amara verità decretata dalla ricerca: le vibrazioni emesse da chi si “lamenta” in nostra presenza emettono onde magnetiche sui neuroni dell’ippocampo del ricevente (i neuroni risolutori di problemi) spegnendoli.
I neuroni vanno in modalità off perché il nostro cervello, che cataloga gli impulsi ricevuti, reputa la lamentela un contenuto di basso livello. E se i neuroni si spengono, non è difficile immaginare quanto questo sia a discapito delle capacità cognitive, intellettive, umorali. Conseguentemente sarà facile perdere colpi in creatività e in capacità di risolvere agilmente i problemi o uscire da situazioni critiche utilizzando inventiva e immaginazione di possibili soluzioni.
Dunque se qualcuno è solito recriminare continuamente, costui vi sta facendo del male.
Non sentitevi in colpa nello stargli alla larga. State solo salvaguardando la vostra integrità.
Steven Parton, un autore e studioso della natura umana, sostiene, inoltre, che la lamentela indebolisce il sistema immunitario, alza la pressione sanguigna ed aumenta il rischio di malattie cardiache, obesità e diabete.
Parton spiega che lamentarsi non solo altera il cervello negativamente, ma ha anche gravi ripercussioni per la salute mentale. Quando un lamentoso comunica le sue lamentele deprimenti innesca in noi e in se stesso la produzione di cortisolo, ormone dello stress.
Le recriminazioni continue, in buona sostanza, fanno male alla salute, fisica e mentale.
Il pensiero struttura il cervello
“In tutto il cervello – sostiene Parton - vi è un gruppo di sinapsi, separate tra loro da uno spazio vuoto chiamato spazio sinaptico. Ogni volta che avete un pensiero, una sinapsi spara una sostanza chimica attraverso una fessura ad un’altra sinapsi, creando così un ponte che un segnale elettrico può attraversare, portando con la sua carica le informazioni rilevanti a cui stai pensando in quel momento. […] Ogni volta che questa carica elettrica viene attivata le sinapsi crescono più vicine al fine di diminuire la distanza che la carica elettrica deve attraversare […]. Il cervello ricicla i propri circuiti, cambia fisicamente se stesso, per rendere più facile e probabile che le sinapsi condividano i legami chimici e quindi si associno per rendere più semplice l’innescamento dei pensieri.”
Conseguentemente, quando si ha un pensiero la prima volta, in seguito sarà più semplice averlo nuovamente anche altre volte. Vale per i pensieri positivi e vale anche per quelli negativi.
Il circolo vizioso riguarda la neoplasticità, ossia il fatto che i neuroni “si attivano insieme e si collegano insieme”. “Quando un circuito si attiva in modo ripetuto – sottolinea Bessel Van Der Kolk – può diventare uno schema predefinito: la risposta che, con maggiore probabilità, verrà innescata”. [13]
Avere pensieri negativi contribuisce ad innescare pensieri ancora più negativi e porterà pian piano ad avere una personalità negativa.
Frequentare persone negative produce lo stesso effetto dell’avere spesso pensieri negativi.
“Quando vediamo qualcuno esprimere un’emozione (che si tratti di rabbia, tristezza, felicità, ecc.) – spiega Parton - il nostro cervello automaticamente prova ad immedesimarsi e immaginare l’emozione che quella data persona sta esternando. E lo fa tentando di sparare le stesse sinapsi in modo da potersi relazionare direttamente con l’emozione che si sta osservando. Questa è fondamentalmente l’empatia”.
La lezione da imparare, secondo Parton, è che se vogliamo rafforzare la nostra positività ed indebolire il pessimismo, è opportuno “circondarsi di persone felici che facciano rigenerare le sinapsi del cervello verso sentimenti positivi come l’amore.”
“Quando il cervello accende sinapsi di rabbia – avverte Parton -, stai indebolendo anche il tuo sistema immunitario”.
Il colpevole è il cortisolo, l’ormone dello stress. Quando si pensa in modo negativo lo si rilascia in grandi quantità provocando interferenze con l’apprendimento e la memoria, una risposta immunitaria più bassa e una minor densità ossea, un aumento della pressione sanguigna, del peso corporeo, del colesterolo, della possibilità di contrarre malattie cardiache… e la lista continua.
Nutrire il cervello con pensieri negativi equivale a rinforzare le stesse reti neurali che hanno provocato il disagio iniziale, innescando un circolo vizioso da cui poi è difficilissimo uscire. Al contrario è proprio lo sforzo di superare un momento di crisi che crea nuove prospettive e nuove reti neurali.
Le persone che scelgono consapevolmente di trasformare le cosiddette “crisi in opportunità” sono di fatto i benefattori della neuroplasticità del loro cervello, veri e propri architetti di reti neurali positive.
I vizi e le virtù
Tra i pensieri negativi, inducenti abitudini negative, albergano i vizi, ai quali si oppongono le virtù.
Una descrizione dei vizi capitali comparve già in Aristotele, che li definì gli "abiti del male". Al pari delle virtù, i vizi deriverebbero infatti dalla ripetizione di azioni, che formano nel soggetto che le compie una sorta di "abito" che lo inclina in una certa direzione o abitudine.
L'elenco dei vizi fu quindi analizzato dal primo Cristianesimo ad opera dei primi monaci, tra cui Evagrio Pontico e Giovanni Cassiano. A Evagrio si deve la prima classificazione dei vizi capitali, e dei mezzi per combatterli. In particolare, egli individuò otto "spiriti o pensieri malvagi" (logismoi): gola, lussuria, avarizia, ira, tristezza, accidia, vanagloria e superbia.
I vizi e le virtù trovano una loro collocazione logica nella neurofisiologia delle emozioni, le quali sono principalmente la gioia, la tristezza, la paura, la rabbia, l’invidia, la gelosia, il disprezzo, la compassione e l’emulazione. Emozioni che, elaborate dalla mente, si trasformano in sentimenti, dotati di valenza, ossia di qualità intrinseca dell’esperienza che viviamo, in rapporto alla sopravvivenza equilibrata del sistema vivente, ossia dell’omeostasi, il “potente imperativo” della conservazione della stabilità (il Djed egizio) e dell’equilibrio (l’egizia Maat).
Le virtù sono principalmente: la prudenza, la giustizia, la forza e la temperanza.
La prudenza dispone la ragione pratica a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.
L'uomo sa decidere con sano realismo.
La prudenza richiama l’esame di realtà, che riporta il principio di piacere entro i limiti dell’azione possibile.
La giustizia consiste nella volontà costante e ferma di dare agli altri e a noi stessi ciò che è dovuto e quindi, per mezzo di essa, intendiamo e conseguentemente operiamo ciò che è bene nei riguardi di noi stessi e del prossimo.
La fortezza è la capacità di resistere alle avversità, di perseverare nel cammino di perfezione senza lasciarsi vincere dalla pigrizia, dalla viltà, dalla paura. La fortezza si oppone alla pusillanimità, difetto di chi non sfrutta al massimo le proprie possibilità. La pusillanimità, ossia il non fare al meglio delle proprie possibilità, è l’unico “peccato” contemplato nella cultura druidica. Il concetto di fortezza è pertanto connesso a quello di merito.
La temperanza rende capaci di equilibrio.
Il concetto di equilibrio (Maat per gli Egizi) è fondamentale al fine della conservazione della stabilità della vita. L’equilibrio è un concetto dinamico, come è del resto ben rappresentato nella carta dei Tarocchi (linguaggio iconico iniziatico) dove una donna versa acqua tra due coppe.
Le virtù, nella ritualità massonica, trovano la loro sintesi nell’Amore che, nella declinazione di caritas indica il prendersi cura del prossimo (I care) e al contempo di se stessi. L’evangelico insegnamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso” implicitamente ci invita ad amarci, perché chi non ama se stesso non è in grado di amare gli altri.
Le menzogne strutturano il mentitore
Nel rituale massonico è detto che “la Massoneria è avanti a tutto progressiva, non impone alcun limite alla ricerca della verità”.
L’affermazione è impegnativa, in quanto implica due conseguenze: la prima che la Massoneria non possiede alcuna verità; la seconda che la Massoneria non pone limiti alla ricerca.
La verità è principalmente definita come orthotes (esatta corrispondenza) e come aletheia (svelamento).
In ambedue i casi, la ricerca della verità necessita di un’apertura mentale totale e una disponibilità continua alla verifica che collidono con la doppiezza e la menzogna, la sibillinità.
Dei Gesuiti, che sono entrati a gamba tesa nel mondo massonico del ‘700 (vedi il mio: “La Massoneria del ‘700, nido invaso dai cuculi”) è provebiale la sibillinità, che sfocia nella più esecrabile doppiezza. Nel Compendium, ad esempio, alla domanda: “Si domanda a che cosa è obbligato un uomo che ha giurato in modo fittizio e per ingannare?”. La risposta è quantomeno inquietante: “Egli non è obbligato a nulla in virtù di religione, poichè egli non ha prestato un vero giuramento. Nullameno è obbligato dalla giustizia a mantenere ciò che ha giurato in un modo fittizio e per ingannare”. In aggiunta potremmo citare la seguente affermazione: “In ogni promessa fatta con giuramento, anche in via assoluta, vi sono certe condizioni tacite, come per esempio: se lo potrò; salvo il diritto e l’autorità superiore; purché le cose restino moralmente nel medesimo stato”. Insomma, fidarsi di un giuramento, stando alla logica gesuitica, è perfettamente inutile.
Il giuramento iniziatico, al contrario di quello gesuitico, è, anzitutto, un atto di lealtà verso se stessi e verso la costante ricerca della verità.
Le forme pensiero, i deva e gli elementali
I teosofi Annie Besant e Charles Webster Leadbeater, nel loro libro: “Le forme pensiero del 1901”, fanno un’analisi interessante di come il pensiero dia origine a forme energetiche che si palesano con geometrie e colori.
Rudolf Steiner, fondatore del movimento antroposofico, descrisse varie forme-pensiero, sia benefiche che malefiche, come entità elementali che possono essere generate dall'uomo ed entrare a far parte del suo karma (o destino) in una vita successiva.
Charles Webster Leadbeater, nel suo: “Gli Aiutatori invisibili” accenna ai Deva, agli elementali, agli Spiriti di natura, ai morti viventi in altra dimensione.
Non è argomento di questo articolo occuparsi dell’accezione greca del termine eggregora, ossia di quell’accezione che introduce il concetto di Vigilanti, di esseri di altre dimensioni, se non per introdurre, appunto, la questione della multidimensionalità.
Nel suo saggio del 1908, The fourth dimensions, P.D. Ouspensky scrisse: “Potremmo avere ottime ragioni per affermare che noi stessi siamo esseri a quattro dimensioni e che siamo volti verso la terza dimensione con uno solo dei nostri lati, cioè solo con la minuscola porzione del nostro essere. Solo questa parte di noi vive in tre dimensioni e noi siamo coscienti solo di questa parte del nostro corpo. La parte maggiore del nostro essere vive nella quarta dimensione, ma di questa parte maggiore siamo inconsapevoli”.
Nell’ambito delle dimensioni superiori le leggi della natura si fanno più semplici ed eleganti e, come afferma Michio Kaku, la geometria delle dimensioni superiori può essere ciò su cui si basa l’unità dell’universo. [14]
La teoria multidimensionale si intreccia con quella di campo, ossia “delle sostanze che costituiscono, al meglio di quanto sappiamo oggi, la trama della realtà fisica del mondo”. [15]
“Il campo – spiega Alberto Gambalunga – è l’entità fisica fondamentale, è quel continuum di spazio tempo quadridimensionale che genera, intorno ad un corpo, le condizioni per produrre una infinita varietà di forme effimere e transitorie, che poi verranno riassorbite dal campo stesso”. [16]
Abbiamo un campo elettromagnetico, un campo gravitazionale, un campo quantico, campi morfici e campi mentali, ma come spiega Michio Kaku, è quasi impossibile unificare le equazioni di campo del mondo subatomico e di quello gravitazionale fintanto che si rimane nelle quattro dimensioni, ma “quando trasferiamo tutti i vari campi nella teoria dell’iperspazio, assistiamo alla perfetta ricomposizione del puzzle”. [17]
Un essere di dimensioni superiori, sostiene Kaku, ci apparirebbe simile a un dio.
Il corpo fantasma e il concetto di campo
Il concetto di campo è esteso da Rupert Shaldrake al corpo fantasma, ossia a quello che l’esoterismo chiama corpo astrale e i Greci eidolon.
“L’esistenza degli arti fantasma – scrive Rupert Shaldrake – ha indicazioni straordinarie per le esperienze «extra corporee». Diversi sondaggi hanno dimostrato che all’incirca una persona su cinque ha fatto esperienze extracorporee, specialmente nei momenti di crisi”. [18]
Per estensione, possiamo pensare ad un “fantasma” come ad un intero “corpo fantasma”. “Ipotizzo – sostiene infatti Rupert Shaldrake – che un arto fantasma sia il campo morfico dell’arto di cui si fa esperienza dall’interno. Un corpo fantasma costituisce il campo morfico del corpo, percepito dal di dentro. Una delle grandi domande è se il corpo fantasma sopravviva dopo la morte. Non conosco la risposta”. [19]
L’anima come eggregora
Infine, uno degli aspetti più interessanti dell’eggregora riguarda il concetto di anima.
L’eggregora è un aggregato, un grumo di pensiero in forma non corporea tridimensionale.
Anche un’anima è un’eggregora? Un’eggregora che si evolve e che aumenta la propria conoscenza?
Nel Corpus hermeticum è scritto: “Una delle conseguenze di questa consapevolezza è la rinascita o palingenesi dell’anima, rivelata al figlio di Ermete, che consiste nel “non mostrarsi più nella forma del corpo a tre dimensioni”, nel superare cioè il corpo fisico che “è lontano dalla generazione sostanziale” dissolubile e mortale, per entrare in un corpo “composto di potenze” che è indissolubile e immortale, divenendo nello stesso tempo consapevole di “essere dio e figlio dell’Uno”.
L’anima abbandonando il corpo mortale, entra in un corpo “composto di potenze”.
L’idea egizia della sopravvivenza dell’anima è espressa con il concetto che del corpo di luce che troviamo nel testo Per em Ra (Per salire alla luce), solitamente definito Libro dei morti, dove il defunto/iniziato, che afferma di “prendere forma di un Ba vivente”, dice: “Io sono lui, io sono Ra”. Ra è il sole, simbolo della luce che, nella sua epiclesi di Khepri (Ra del mattino), è colui che viene in esistenza. Sempre nel Per em Ra è scritto. “Io sono il Ba di Ra, uscito dal Nun, questo Ba del dio che ha creato Hu, il verbo”.
Nei Testi dei sarcofagi è espresso un concetto analogo: “Io sono Ra, uscito dal Nun, io sono l’Eterno, io sono colui che ha creato Hu, il verbo, io sono Hu, il verbo”.
Se il defunto/iniziato afferma di prendere la forma di un Ba vivente e le successive affermazioni riguardano luce e energia (vibrazione), è ipotizzabile che i testi citati confermino l’idea che dopo la morte del complesso costituente il corpo fisico il Ba, ossia la presenza dell’essenza dell’intelligenza suprema nell’essere umano, continui ad esistere in altra forma o dimensione.
San Paolo (Lettera ai Corinzi), in merito alla sopravvivenza dell’anima scrive: “Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? […] Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste. Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba”.
Negli Atti di Filippo (apocrifo del IV secolo) Gesù insegna: “Se non farete che il sotto divenga il sopra, che la destra divenga la sinistra, non entrerete nel regno, perché tutto l’universo è volto nel senso contrario e così ogni anima che è in esso”.
L’inversione è l’atto del volgersi dell’anima dal mondo sensibile a quello intelleggibile evocando la multidimensionalità.
La multidimensionalità ci dà alcune indicazioni al riguardo di una possibile sopravvivenza dell’anima, come corpo di luce, in una dimensione superiore.
“Basandosi sul lavoro di Riemann – scrive Michio Kaku – Hinton [Charles Howard Hinton, matematico inglese, ndr] si era infine convinto che la luce fosse la vibrazione della quarta dimensione, una dimensione invisibile. Fondamentalmente si tratta dello stesso punto di vista di molti fisici teorici della nostra epoca”. [20]
Teodor Kaluza Klein, fisico e matematico tedesco, noto soprattutto per la teoria di Kaluza-Klein riguardante le equazioni di campo in uno spazio pentadimensionale, ipotizzava che la luce fosse uno stato di interferenza causata da una spiegazzatura di una dimensione superiore.
La luce si presenterebbe, pertanto, come la curvatura (nella geometria dello spazio) delle dimensioni superiori.
Un corpo di luce, pertanto, potrebbe essere ragionevolmente quella parte di noi che P.D. Ouspensky collocava nella quarta dimensione.
La legge di risonanza
Per concludere. La Legge di Risonanza, una delle leggi universali più interessanti, ma allo stesso tempo, tra le meno indagate dall’essere umano, afferma che il nostro corpo non è altro che energia e che questa stessa energia viene trasmessa con una certa frequenza vibratoria. Pertanto bisogna accettare il fatto che tutti noi emaniamo frequenze vibratorie in continuazione e che tutto ciò che facciamo o pensiamo crea risonanza.
©Silvano Danesi
[1] Bessel Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Cortina
[2] C.W.Leadbeater, Gli Aiutatori invisibili, Alaya
[3] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[4] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[5] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[6] Daniel Siegel, I misteri della mente, Cortina
[7] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[8] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[9] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[10] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[11] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[12] Karl Popper, Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza , la storia e la politica, Rusconi
[13] Bessel Van Der Kolk. Il corpo accusa il colpo, Cortina
[14] Michio Kaku, Iperspazio, Macro Edizioni
[15] Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi
[16] Alberto Gamblaunga, Fisica rara, Percorsi Synergon
[17] Michio Kaku, Iperspazio, Macro Edizioni
[18] Rupert Shaldrake, La mente estesa, URRA
[19] Rupert Shaldrake, La mente estesa, URRA
[20] Michio Kaku, Iperspazio, Macro Edizioni