L’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, vuole dialogare con la Massoneria. Lo farà a porte chiuse, questo pomeriggio, nei locali della Fondazione culturale Ambrosianeum, con un seminario dal titolo: “Chiesa cattolica e Massoneria”.
Con alcuni Gran Maestri di istituzioni massoniche italiane dialogheranno alcuni eminenti rappresentanti della Chiesa: oltre a Delpini il vescovo Antonio Staglianò, presidente della Pontifica Accademia di Teologia, il cardinale Francesco Coccopalmerio e padre Zbigniew Suchecki, teologo francescano esperto di Massoneria.
Il rapporto tra Massoneria e Chiesa Cattolica è da sempre problematico e oscillante tra anatema e dialogo.
L’ultimo tentativo di dialogo ricorre all’articolo del Cardinal Ravasi su Il Sole 24 Ore (il 14 febbraio 2016) che aveva destato stupore solo a chi non conosce il confronto, ormai secolare, tra esponenti della Chiesa Cattolica ed esponenti della Massoneria. Confronto che non ha sciolto molti nodi, che non ha chiarito molti errori storici, ma che ha sufficientemente messo a fuoco, per chi non sia animato da inguaribili pregiudizi, che tra le due istituzioni non v’è contrasto, che vi sono molte differenze (come è normale che sia, altrimenti vi sarebbe identità e non si porrebbe il problema) e, soprattutto che la Massoneria Tradizionale non trama contro la Chiesa Cattolica e che i contrasti tra le due istituzioni, quando vi sono stati, appartengono a situazioni particolari, anche in questo caso poco indagate e spesso frutto di una malintesa analisi storica.
Come nella Chiesa esistono posizioni diverse tra di loro, a volte tanto diverse da apparire contrastanti, così è anche nella Massoneria, dove alcuni massoni hanno espresso posizioni apertamente anticlericali e altri no.
Non sono mancate, del resto, tra i cattolici, interpretazioni del mondo massonico non solo offensive, ma ridicole, come quelle contenute in un opuscoletto del 1918, dal titolo: “La Massoneria, quel che è, quel che fa e quel che vuole”, edito da “Civiltà cattolica”, la rivista dei Gesuiti, dove si afferma che “… i capi veri della setta massonica sono legati a fil doppio coi capi del giudaismo militante e dipendono da questi, poiché questi nelle alte logge hanno prevalenza del numero”.
Il testo, scritto in forma di dialogo avvenuto su un treno tra un colonnello e un magistrato, fa dire al magistrato: “Per me, che son venuto meglio studiando l’abisso della malizia massonica, meglio ancora mi sono persuaso, che nel suo fondo vi è una sopraffina perfidia giudaica”.
Nel volumetto destinato alla propaganda (appartiene alla collana “Nuovi dialoghi popolari”) la Massoneria è accusata di organizzare reti di associazioni, leghe di liberi pensatori, società operaie e di mutuo soccorso, corali, orchestrali e di essere al timone di fenomeni come il socialismo, il comunismo, il satanismo.
“La Massoneria—dice il magistrato al colonnello, mentre il treno corre sui binari di inizio Novecento— è l’antichiesa per eccellenza, cioè la chiesa di Satana, in perfettissima contraddizione con quella di Cristo”.
Argomentazioni che stanno in perfetta compagnia con quelle del poeta napoletano Francesco Gaeta, il quale scrisse un volume, edito postumo da Sansoni, dal titolo: “La Massoneria” e rieditato con prefazione di Giovanni Preziosi da Mondadori nel 1944, nella quale il politico italiano, nonché ministro, pubblicista e traduttore, noto in epoca fascista per il suo antisemitismo, scrive, riferendosi ad alcuni scritti antiebraici del Gaeta del 1913: “L’importanza di questo scritto inedito di Gaeta non può sfuggire: quando il poeta così scriveva, il Fascismo non c’era, il Concordato non era stato definito, i provvedimenti antiebraici e anticosmopolitici non erano stati adottati, la massoneria non era stata soppressa, la suprema conquista d’Italia, operata con ermetismo e inganno dalle forze occulte dell’ebraismo internazionale, non era ancora riconquistata, la guerra ebraica non era iniziata, né quella del 1914 né quella del 1939”.
L’idiozia antisemita, come si vede, accomuna l’opuscolo della propaganda di Civiltà Cattolica e quello del fascistissimo Preziosi e non mancava di essere dichiarata apertamente sin dal primo capitolo del suo libro dal poeta napoletano Francesco Gaeta, il quale scrive. “Che cos’è la massoneria? E’ l’organo della conquista del mondo da parte degli ebrei, a danno ed a spese dei Goim (Plurale di GoJ) che in ebraico sono tutti i non ebrei ed in particolar modo gli occidentali sotto il convenuto titolo di «cristiani», considerandosi Cristo formalmente come il capostipite delle religioni d’occidente, ma sostanzialmente come il simbolo di tutti i popoli non ebrei da assoggettare”.
Di delirio in delirio, la Massoneria diventa il braccio armato e inconsapevole dei perfidi ebrei e così, guarda caso, insieme ai sei milioni di innocento ebrei, Hitler ha sterminato anche 80 mila massoni tedeschi. Sorte risparmiata ai cattolici.
Un dialogo continuo
lungo tutto il ‘900
Pur in presenza di posizioni connotate da assurdi pregiudizi, il dialogo nel ‘900 è stato intenso, continuativo e prodromico a quanto affermava il Cardinal Ravasi, il quale, nonostante gli stupori dei pasdaran militanti sui due fronti, ne è semplicemente l’intelligente continuatore.
Un volume edito da Sugarco nel 1978 raccoglie, con prefazione di Giordano Gamberini vari scritti sulla Massoneria, tra i quali quelli di don Ernesto Pisoni con l’imprimatur della Curia di Milano e quello di Padre Rosario Esposito.
Don Ernesto Pisoni, dopo aver ricordato la scomunica comminata agli appartenenti alla Massoneria da Clemente XII il 24 aprile 1738, scrive: “Bisogna comunque arrivare al 1938, cioè esattamente a due secoli dopo, per vedere ripreso in esame con diverso animo il problema dei rapporti tra Chiesa e Massoneria, nonostante la permanenza di un veto giuridico apparentemente insormontabile. Bisogna arrivare cioè ai tempi moderni per capire e soprattutto per merito di studiosi, bisogna dirlo anche cattolici, che la Massoneria non ha avuto un’origine anticlericale e che andava considerata un centro d’unione e non di divisione, un mezzo per legare amicizie sincere tra uomini di ogni clima spirituale tra persone di buona volontà che, come principio, vogliono servire l’umanità”.
Perché proprio il 1938?
“Il merito - scrive don Ernesto Pisoni - è di un famoso articolo pubblicato il 15 settembre 1938 da Padre Berteleoot su «La Revue de Paris». Il valoroso gesuita francese in questo articolo continua in pubblico, con estremo coraggio, un discorso da lui iniziato alcuni anni prima col grande storico massone francese Lantoine, gratificato dal titolo spregiativo di «gesuita» dai suoi confratelli per l’atteggiamento aperto e conciliante nei confronti della Chiesa Cattolica. Continuando lo spirito di questo dialogo, Padre Berteleoot analizza e riscopre le origini cristiane della Massoneria, i principi di tolleranza e di rinuncia a contese religiose e a risse per motivi religiosi, la condanna di guerre civili, tanto inaccettabili anche sotto il profilo evangelico; naturalmente il discorso di Padre Berteleoot era condotto con grande abilità e cautela. Egli cominciò a distinguere tra Massoneria e Massoneria e nell’interno dell’istituzione tra massoni e massoni, non disconoscendo gli errori compiuti da una parte, senza mettere troppo in rilievo gli eccessi di difesa e relativi errori compiuti anche dall’altra parte”.
Il dialogo
di Aquisgrana
Un altro “primo inizio di disgelo”, come lo chiama Don Pisoni, si ebbe in Austria e Germania, iniziato nel 1928, ancora da un gesuita, Padre Hermann Gruber, il quale ha intessuto un dialogo con due studiosi massoni. Il filosofo viennese Kurt Reichl e lo storico Eugenio Lenouf, ai quali si unì successivamente il segretario generale della Gran Loggia di New York, Ossian Lang. “I colloqui tra Padre Gruber – scrive don Pisoni – e gli esponenti massonici portarono addirittura ad un incontro noto come il Dialogo di Aquisagrana che certamente consentì un primo contatto tra eminenti responsabili delle due istituzioni, contatto non certamente ufficiale ma non per questo meno utile e meno carico di risultati. Lo spirito di Aquisgrana ero lo spirito del dialogo e del confronto, premesse indispensabili per i rapporti non soltanto correnti ma aperti a futuri sviluppi: nessun cedimento dottrinale da una parte o dall’altra ma deciso sgombero del terreno da parte di sovrastrutture leggendarie, polemiche animose e spesso totalmente infondate, e cattive informazioni”.
La storia del rapporto tra Padre Josef Berteloot e Albert Lantoine è stata narrata dal religioso nel volume: Jésuite et Franc Maçon: Souvenir d’une amitié, edito con l’imprimatur della Curia parigina nel 1952 dall’Editore Dervy.
A chi gli rimproverava le sue frequentazioni, Padre Berteleoot rispose, mettendo a nudo il solito metodo delle pubbliche virtù e dei vizi privati dei soliti integralisti: “Potrei citare il nome di molti miei benefattori i quali non si fanno alcuno scrupolo di collaborare con i massoni nei Consigli di Amministrazione in cui vengono difesi i loro interessi politici ed economici”.
Dieci anni dopo, nel 1948, finito il periodo del grande conflitto mondiale, il dialogo riprese, facendo registrare un salto di qualità. I due interlocutori sono il Cardinale Innitzer, arcivescovo di Vienna e il Gran Maestro della Massoneria austriaca Scheichelbauer. Gli incontri si svolsero nella stazione termale di Bad Hofgastein sul tema concordato: “Chiesa e Massoneria in Austria”. Conseguentemente ai colloqui il Nunzio a Vienna, Monsignor Delle Piane, inoltrò a Roma la memoria di due massoni che chiedevano l’abolizione delle censure contro la Massoneria. Un giornalista cattolico, direttore del giornale Die Fürche, il dottor Funder, scrisse al Gran Maestro il 20 gennaio del 1954, per comunicargli il suo dispiacere in seguito ai silenzi di Roma.
Se nel 1948 Vienna si muoveva, alcuni passi importanti venivano fatti anche a Parigi, con la visita del celebre quaresimalista di Nȏtre Dame, P. Riquet alla Loggia massonica Volney di Laval il 18 marzo del 1961, “con - come scrive don Pisoni - le stupende e profonde allocuzioni scambiate in quell’occasione”.
Negli Stati Uniti vanno registrati i rapporti del cardinale Cushing e del vescovo Robert Joyce con la Massoneria americana, delle cui logge furono in più occasioni ospiti dal 1961 al 1965. Il cardinale Cushing il 26 ottobre del 1965 fu ospite d’onore della Loggia Brotherhood di Boston Herald scrisse che quella era la prima volta che un principe della Chiesa Cattolica Romana era ospite della Gran Loggia Massonica del Massachusset.
Nel 1976, come ricorda don Ernesto Pisoni, “l’intero espiscopato di una regione ecclesiastica quale la regione scandinava, prese posizione ufficialmente sul tema Chiesa e Massoneria”. Nel comunicato emesso congiuntamente dagli episcopati danese, norvegese, finlandese e svedese, pubblicato nel bollettino dell’episcopato norvegese «Sankt Olaw» nel mese di giugno 1967”, si rendeva noto che i membri della Massoneria che intendevano essere cattolici potevano essere individualmente ammessi, senza rinunciare ad essere membri attivi della Massoneria.
In una lettera datata19 luglio del 1974 e indirizzata agli episcopati di tutto il mondo, il cardinal Seper, Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, mentre riaffermava che rimaneva in vigore la legislazione generale, autorizzava, secondo il parere di don Pisoni, “gli episcopati di tutto il mondo a comportarsi come l’episcopato scandinavo, cioè a decidere sulla liceità per i cattolici d’appartenere alla Massoneria in base alle situazioni locali”.
Nel suo “La Massoneria” (Editrice Queriniana), don Franco Molinari, docente di Storia della Chiesa all’Università statale e professore di Storia Moderna all’Università cattolica, cita il libro Massoni nostri fratelli separati, di Alec Mellor, magistrato francese, cattolico e massone. “La sua posizione – ricorda Molinari – si può sintetizzare in termini estremamente semplici: la Massoneria regolare non cade sotto la scomunica, perché è una scuola di etica sublime e non conduce guerra alla Chiesa”.
Sempre Molinari cita un articolo di Padre Giovanni Caprile sul mensile Jesus (agosto 1981) dove il gesuita scrive, a proposito della stupidaggine ricorrente che i massoni adorerebbero Dio e desterebbero Cristo: «La fede religiosa personale di ciascuno deve essere rispettata. Anche sotto questo profilo, quindi, il nostro interrogativo ammette un’unica risposta: di fronte alla figura di Cristo, la Massoneria rispettava le convinzioni di ciascuno».
“Fondamentalmente, perciò – aggiunge Molinari – si può dire che la Massoneria nutre, verso Cristo, grande rispetto come uomo, come animatore di fraternità universale, come martire dell’umanità. Sul terreno della fede non si entra e non si vuol entrare”.
Una scomunica
tutta politica
Don Ernesto Pisoni, in un articolo contenuto nel volume edito da Sugarco nel 1978, a proposito della scomunica comminata ai massoni da Clemente XII il 24 aprile 1738 con la Bolla In Eminenti, sostiene che il documento presenta “strane anomalie di stesura soprattutto laddove si motiva la condanna con queste testuali parole: «Per sbarrare la via tanto larga che potrebbe condurre alla penetrazione non punita dell’ingiustizia anche in base ad altri motivi a noi noti, giusti e legittimi, abbiamo ritenuto giusto ed abbiamo deciso di condannare e proibire le dette Società, Circoli, Associazioni Segrete, Assemblee e Bande Clandestine note con il nome di Massoni o con qualsiasi altra denominazione». Come ha fatto giustamente notare qualche studioso (cfr. R. Esposito, Le buone opere dei Laicisti degli Anticlericali e dei Framassoni, Ediz. Paoline, 1970) questo documento – sottolinea don Pisoni – pecca di incongruenza giuridica là dove emette una grave sentenza di condanna contro gente che mantiene il segreto, senza assicurarsi circa il contenuto di tale segreto e un paio di righe dopo nasconde gli ulteriori motivi della sua decisione come un segreto. Forse tale anomalia trova giustificazione nel fatto che il pontefice Clemente XII era già cieco e gravemente ammalato quando il documento fu emesso e fu il cardinale segretario di Stato Giuseppe Firrao che gli sorresse la mano per firmare la bolla. Un Papa che fosse stato nel pieno possesso delle sue facoltà non avrebbe forse avallato un documento nella forma piuttosto contorta e non del tutto congruente con lo stilus curiae. Questo testo, ritenuto abbastanza anomalo anche per gli studiosi di parte cattolica è forse il frutto di un clima emotivo, più politico che morale, che lo fa assomigliare ad una condanna sommaria senza appello più che un motivato provvedimento pastorale”.
La scomunica di Clemente XII sembrerebbe, pertanto, viziata fin dall’origine, sia per il contenuto, sia per la forma, sia, infine, per la dubbia attribuzione alla volontà del Papa.
La scomunica
nel diritto
La scomunica è entrata nel Codice di Diritto Canonico promulgato in data 27 maggio 1817 e, in questo documento, scrive don Pisoni, “ assume una meno anomala formulazione permettendo agli esegeti pacati e attenti di sollevare qualche sottile «distinguo» già sul testo canonico che così suona: (Canone 2335) «Coloro che danno il loro nome alla setta Massonica o alle altre Associazioni della medesima specie che tramano contro la Chiesa e contro le legittime Autorità Civili, contraggono ispo facto la scomunica semplicemente riservata alla santa Sede». A differenza che nella Bolla, nel Canone è data una motivazione «religiosa» della condanna e si restringe il campo della censura a quelle Associazioni che realmente tramano contro la Chiesa o le legittime Autorità Civili”.
Qui deve intervenire l’analisi storica, che deve circonstanziare accuratamente tempi, modi e luoghi ove il conflitto non con la Chiesa in quanto istituzione religiosa, ma con la Chiesa in quanto sedicente erede dell’ Impero romano si è svolto, non solo con la Massoneria, ma con una lunga serie di istituzioni, di personaggi illustri, di re e imperatori.
“La Massoneria comunque – scrive don Pisoni – non ha avuto un’origine anticlericale, la Chiesa l’ha condannata in un momento in cui pensava che questa associazione per la sua segretezza ed atmosfera di cospirazione cui amava spesso circondarsi tramasse contro di essa e contro le legittime autorità”.
Uno dei più gravi e usuali errori della storiografia massonica è quello di datare la nascita della Massoneria al 21 giugno del 1717, quando fu fondata la Gran Loggia d’Inghilterra.
La costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra, voluta dai regnanti protestanti di origine tedesca Hannover, i quali avevano esiliato gli Stuart, rappresenta l’interruzione di una tradizione.
Gli Stuart, esiliati a Parigi e Roma, come ho tentato di dimostrare nel mio: “Le radici scozzesi della Massoneria”, erano i legittimi rappresentanti di una Massoneria tradizionale che non ha mai avuto conflitti con la Chiesa cattolica a meno ché non si voglia risalire al confronto secolare che ci fu, e per lungo tempo, tra la Chiesa cristiana celtica e quella romana. Confronto di ben alta natura e importanza di quello instauratosi tra la Chiesa anglicana e quella Cattolica, essendo la prima nata non per questioni religiose, ma solo ed esclusivamente per questioni politiche, come dimostrano le vicende storiche legate a Enrico VIII.
L’attività massonica dei «residenti» inglesi sul continente e, in particolare in Italia, non poteva che essere motivo di irritazione per la Santa Sede. Dai rapporti dei nunzi pontifici, infatti, come fa opportunamente osservare Padre Rosario F. Esposito, in un suo articolo contenuto nel volume: “La libera Muratoria” edito da Sugarco e al quale ho già fatto cenno, “la Santa Sede deduceva in primo luogo l’origine «protestante» della Massoneria simbolica e i contenuti «eretici» dell’Istituzione”.
Le altre Bolle di condanna non sono meno motivate da questioni politiche della prima.
La seconda Bolla di condanna, firmata da Benedetto XIV (Providas Romanorum Pontificum del 18 maggio 1751) trova le motivazioni in quanto si stava agitando nel napoletano. Il 13 settembre 1821 Pio VII pubblicò la costituzione apostolica Ecclesiam a Ieasu Christo nella quale condannava la Carboneria, ritenuta un’emanazione massonica.
Leone XII, reso inquieto dai moti costituzionali, il 13 marzo 1825 pubblicò l’enciclica Quo graviora. Pio VIII nell’enciclica Traditi humilitati del 24 maggio 1830 considerò la Massoneria come fonte della rovina sociale.
Gregorio XVI nella sua enciclica Mirari vos del 15 agosto 1832 si esercita in affermazioni assurde. “Si tratta – scrive Padre Rosario F. Esposito – di un documento molto umiliante, che indica come «deliri» tutte le libertà: di pensiero, di parola, di stampa, di religione”. La Massoneria, ovviamente, è indicata come massima responsabile di tutte queste scelleratezze.
I documenti antimassonici di Pio IX sono molteplici e motivati da fatti storici ben precisi, ossia i moti risorgimentali, che chiuderanno per sempre il potere temporale del Papa nella ristretta sede del Vaticano. “Le nostre ricerche –scrive Padre Rosario F. Esposito – ci hanno portato a catalogare ben 116 documenti antimassonici piani, così suddivisi: 11 encicliche, 53 lettere e brevi, 33 fra allocuzioni e discorsi, 19 documenti maggiori di Curia”. I più noti sono il Sillabo (8 dicembre 1864 e l’allocuzione Multiplices inter (25 novembre 1864).
Leone XIII è stato il Papa che nella condanna alla Massoneria ha superato anche Pio IX, ma anche in questo caso la motivazione è del tutto politica e riguarda la costruzione dello Stato unitario italiano, che è avvenuta a discapito dei territori papalini.
Leone XIII, che regnò dal 1870 al 1903, nella sua lotta contro coloro i quali stavano mettendo le basi del Regno d’Italia, promosse a Trento, nell’autunno del 1896, il primo Congresso Antimassonico Internazionale, per mobilitare tutta la cristianità contro la Massoneria. Le prove delle nefandezze della Massoneria furono tratte dalle testimonianze di Leo Taxil, sedicente ex massone pentito, il quale nel 1987, in una conferenza alla Società Geografica di Parigi confessò di aver inventato tutto.
Il furfante scrisse che il Gran Maestro era in contatto con Satana, dal quale riceveva gli ordini e che nelle riunioni massoniche si sputava sulle ostie consacrate o le ostie erano trafitte su spade. Sull’altare erano collocate fanciulle vergini al servizio di Belzebù e altre insensatezze del genere. Poco importa quanto fosse furfante Leo Taxil, ma è importante ricordare che il libro di Taxil: I misteri della framassoneria, fu addirittura pubblicato a puntate nei giornali cattolici.
Alle accuse alla Massoneria di trarre le proprie idee dal Naturalismo e di essere una setta satanica, fecero seguito iniziative concrete, che si possono ascrivere alla concorrenza. In funzione antimassonica, anti liberale e anti socialista nacquero associazioni cattoliche, società di mutuo soccorso, banche cattoliche (Banco di Roma, Banco Ambrosiano, in seguito tristemente noto, Credito Romagnolo, le Banche Cattoliche del Veneto, le Casse Rurali, le Società cattoliche di assicurazione).
Qui, come è del tutto evidente, Satana ha ben poco a che fare. Chi si agita molto è il Papa, che vuole ricostituire il potere perso con la costituzione del Regno d’Italia in altro modo, ossia costituendo un insieme di roccaforti nella società civile. L’attacco alla Massoneria è il risultato del fatto che nel Parlamento e nei governi del Regno d’Italia ci sono molti massoni dichiarati e riconosciuti. Come è del tutto evidente, lo scontro riguarda un ben preciso territorio, in un particolare periodo storico e comunque ha come motivazione la perdita di quel potere temporale che la Chiesa aveva attribuito a sé con un falso storico, ossia con il documento Donatio Constantini, smascherato, come falso, da Lorenzo Valla.
Pio X ha semplicemente ribadito con la Gratum quidem la condanna, nell’occasione, nel 1911, dei festeggiamenti solenni del cinquantenario della proclamazione dell’Unità d’Italia, avvenuta il 17 marzo 1861. Ovviamente non erano state dimenticate altre due date: la fine dello Stato pontificio, avvenuta il 20 settembre 1870, con la presa di Roma e il 1871, quando a Roma fu trasferita la capitale del Regno.
Nel corso del pontificato di Benedetto XV si ha la codificazione canonica del 1917 che con i canoni 2335 e 2336 conferma la scomunica.
Pio XI interviene contro la Massoneria nell’enciclica Non abbiamo bisogno pubblicata nel 1931.
Pio XII non interviene nel merito.
Con Giovanni XXIII e con Paolo VI si apre una stagione di dialogo
Nel 1970, un importante moralista cattolico, Padre Häring, rispondendo su Famiglia Cristiana a delle domande di una lettrice scriveva: “La scomunica comminata a coloro che appartenevano alla Massoneria aveva lo scopo di proteggere la fede e di richiamare l’attenzione sul peccato che si commette nel sostenere associazioni ostili alla Chiesa. Tale scomunica oggi subentra soltanto quando, nelle nuove circostanze, si commette un peccato grave” (citazione in Molinari, op. cit).
Al Concilio Vaticano II il vescovo messicano Mendeza Arceo, nei dibattiti conciliari, ebbe a dire: “La Chiesa nostra madre misericordiosa deve cercare la strada del dialogo con la Massoneria sotto la guida dello Spirito Santo”. (citazione in Molinari, op. cit).
Il 17 luglio 1974 il cardinale Franjo Seper, presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, in una lettera al cardinale John Joseph Krol, presidente della Conferenza Episcopale Nordamericana, prende posizione a favore dell'apertura verso la Massoneria: «I laici», scrive Seper, «possono iscriversi alla Massoneria, i chierici no».
“Nel prendere in considerazione i casi particolari, bisogna tener presente che la legge penale va sempre interpretata nel senso restrittivo. Si può quindi insegnare con sicurezza e applicare l’opinione di quegli Autori i quali ritengono che il canone 2335 tocchi soltanto quei cattolici iscritti ad associazioni che cospirano contro la Chiesa”.
I Canoni in questione sono:
2335 Coloro che danno il proprio nome a una setta massonica o ad altre associazioni dello stesso genere che complottano contro la Chiesa o le legittime autorità civili, contraggono per il fatto stesso la scomunica riservata alla sola Sede Apostolica.
1374 - Chi dà il nome ad una associazione, che cospira contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l'interdetto.
Sembra dunque che la scomunica del Codice del 1917 non venga più applicata.
Ma puntuale, due giorni dopo, il 19 luglio, la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede in una notificazione ufficiale smentisce quella lettera e conferma che e sempre in vigore il canone 2335 del Codice di Diritto Canonico contro la Massoneria, con una precisazione: «II predetto canone 2335 riguarda soltanto quei cattolici che si iscrivono ad associazioni le quali di fatto operano contro la Chiesa. Rimane tuttavia in ogni caso la proibizione a chierici, religiosi e membri di istituti secolari di iscriversi alle associazioni massoniche».
Il Codice del 1983
e il no di Ratzinger
Nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 e confermato il 26 novembre 1983 dal documento Dichiarazione sulla Massoneria della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, firmato dall’allora prefetto Joseph Ratzinger, quindi Papa Benedetto XVI (2005-20013) e approvato da Giovanni Paolo II è ribadita la condanna e la diffida relativa all’appartenenza alla Massoneria, valendo come interpretazione del Canone 1374
Nella dichiarazione si legge: “È stato chiesto se sia mutato il giudizio del Chiesa nei confronti della massoneria per il fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico essa non viene espressamente menzionata come nel Codice anteriore. Questa Congregazione è in grado di rispondere che tale circostanza è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie. Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione. Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito, e ciò in linea con la Dichiarazione di questa S. Congregazione del 17 febbraio 1981 (Cf. AAS 73, 1981, p. 240-241). Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella riunione ordinaria di questa S. Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione. (Roma, dalla Sede della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, il 26 novembre 1983. - Joseph Card. RATZINGER Prefetto Fr. Jérôme Hamer,O.P.Arcivescovo tit. di Lorium).
Potrei aggiungere altri fatti e altri documenti, ma lo spazio di un articolo non consente di andare oltre.
La storia di un secolo, il XX dell’era volgare, ha visto la Chiesa cattolica passare dall’anatema al dialogo, ma ad un dialogo altalenante tra aperture e chiusure. Di questo dialogo altalenante l’articolo del Cardinal Ravasi era, per ora, l’ultima significativa interessante puntata, che si muove lungo la linea di un confronto vero e leale, che non può che essere tale e che non può che partire, come egli stesso afferma, dal riconoscimento delle differenze.
La questione
del Logos
La prima e fondamentale delle differenze è costituita dal Logos. Chi ha affermato che i massoni adorano Dio e disprezzano Cristo dicono, evidentemente una maligna corbelleria. I massoni ricercano il Divino, al quale danno l'appellativo di Grande Architetto dell’Universo, in quanto il Logos è arché-tecton, il realizzatore del Principio, che non è principio temporale, ma ontologico. I cristiani credono che questo principio si sia incarnato in un uomo, ossia in Gesù, detto il Cristo, traduzione greca del termine ebraico מָשִׁיחַ (mašíaḥ, cioè "unto"), dal quale proviene l'italiano Messia.
La Massoneria non disprezza per nulla Gesù, anzi, lo apprezza per il suo messaggio, che ci è riportato dalla letteratura evangelica, ma non impone la credenza della sua essenza divina, lasciando la più totale libertà a chi crede di credere.
Il credere che Gesù sia il Cristo e sia il Logos fattosi uomo comporta tutta una serie di conseguenze teologiche sulle quali la discussione è aperta da secoli tra i cristiani e i non cristiani attenti all’evolversi del cristianesimo, così come delle altre religioni presenti nel mondo. Entrare nel merito di tali discussioni teologiche senza essere cattolici non significa essere adepti di una setta satanica dedita al peccato e alla perversione.
Del resto, Papa Francesco, ha affermato: “Dio non è cattolico”. E che dire di quanto afferma il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, quando afferma che il Vangelo "non è il distillato della verità".
Se è così, la ricerca è libera, così come libero è l’approdo ad una o più certezze e altrettanto libera è la navigatio.
Ben venga, pertanto, un confronto aperto e senza remore. Non può che essere produttivo di importanti risultati per l’umanità, oggi sempre più schiava di un materialismo transumanista che la rende dimentica dello spirito che anima l’uomo.