di Silvano Danesi
Tommaso D’Aquino (De fide), scrive che “l’assenso fideistico non è determinato dalla cogitazione, ma dalla volontà”. Agostino d’Ippona scrive che “La fede consiste nella volontà di chi crede” (De praedestinatione sanctorum).
Si crede perché si vuole credere.
Quanto affermano i due dottori della Chiesa può ben valere per chi crede, volendo credere, nella divinità di Gesù, ma mi riesce difficile applicare i concetti di Tommaso d’Aquino e di Agostino di Ippona ai Massoni in rapporto alla Massoneria, salvo che credere, poiché, come dice sempre l’Aquinate “imprigiona l’intelletto”, renda più comoda e rassicurante la via della credenza di quella della conoscenza.
Il Rituale di 4° Grado “Maestro Segreto”, primo del Rito Scozzese Antico ed Accettato, prescrive a chi lo frequenta l’obbligo dello studio della Libera Massoneria, riguardo alla sua storia.
Un Massone dovrebbe, pertanto, studiare la storia della Massoneria e non abbandonarsi alla credenza nelle favole, contrabbandate per verità storica, soprattutto quando queste sono facilmente smascherabili se si studia, anziché frequentare le Logge con atteggiamenti fideistici o di comodo acquietamento, contenti di non aver dovuto compiere alcuno sforzo.
Capita così che si continui a scrivere che Federico II è stato il sovrano che ha firmato il documento fondante del Rito scozzese, quando è accertato che l’attribuzione al regnante illuminista e amico dei Gesuiti è un falso.
Capita così che si accetti acriticamente la favola inglese hannoveriana che la Massoneria è nata nel 1717 quando in una taverna londinese si sono riunite quattro Logge.
Il 1717 non è l’anno di nascita della Massoneria e nemmeno della Massoneria moderna, ossia di quella odierna, che ha radici ben più antiche, ma quello della Massoneria dei “Modern”, voluta dalla dinastia protestante degli Hannover, dopo che la dinastia cattolica degli Stuart era stata sconfitta ed esiliata.
Il 24 giugno del 1717 è pertanto il giorno nel quale si è creata una frattura nella tradizione massonica, subito stigmatizzata dagli “Antient” e che ha portato, nel corso del XVIII secolo, al proliferare di varie associazioni sedicenti massoniche.
In dissenso esplicito con la Gran Loggia del 1717, il 17 luglio del 1751 gli “Antient” diedero vita, nella taverna Turk’s Head, in Greek Street, nel Soho, inizialmente in forma di Comitato, alla “The Most Honourable Society of the Free and Accepted Masons according of the Old Institution”.
Se la Gran Loggia del 1717 diede ad un pastore protestante l’incarico di scrivere le regole della Massoneria “Modern”, quelle dell’Istituzione degli “Antient” furono affidate al cattolico Laurence Dermott, che le rese pubbliche con il nome di Ahiman Rezon.
Se la Gran Loggia del 1717 era formata e diretta da aristocratici e da ricchi borghesi in ansia di promozione sociale, quella degli “Antient” rivendicava una composizione sociale prevalentemente legata ai mestieri, ossia all’autentica tradizione massonica.
Contemporaneamente a queste due Gran Logge, continuavano ad esistere, in modo del tutto indipendente, la Gran Loggia d’Irlanda e la Gran Loggia di Scozia.
La Gran Loggia d’Inghilterra divenne “unita” solo nel 1813, ma nel frattempo, in ambito “Antient” in America era nato il Rito Scozzese.
Quello che nel corso del Medio Evo e del Rinascimento era stato un fenomeno unitario, che si era alimentato mantenendo vive le radici con il passato originario della sapienza egizia, nei tre secoli successivi a quel 24 giugno del 1717 si è trasformato in un coacervo di istituzioni spesso in contrasto tra di loro e tutte proclamantesi vere eredi della tradizione massonica.
La storia della Massoneria, pertanto, non ha inizio nel 1717, anno in cui gli Hannover, dopo aver loro espropriato la corona hanno tolto agli Stuart anche la radice massonica scozzese e nemmeno nel 1768, quando, secondo una leggenda, che tale è e tale rimane, Federico II di Prussia avrebbe emanato le Costituzioni del Rito Scozzese Antico ed Accettato, che non è la Massoneria, ma un percorso iniziatico che prosegue la riflessione partendo dai fondamentali, questi si autenticamente massonici, dei tre gradi simbolici: Apprendista, Compagno, Maestro. Su questi argomenti ho scritto e pubblicato testi ai quali rinvio chi volesse approfondire il mio pensiero in merito. (Vedi in proposito il mio: “Le radici scozzesi della Massoneria).
Anche i landmarks sono riferimenti controversi e opinabili.
La prima questione da chiarire riguarda i landmarks (punti di riferimento, pietre miliari, segni di confine).
Al capitolo VII del suo celeberrimo ed opinabile testo sui Rituali, Salvatore Farina cita i landmarks, parola che appare per la prima volta nelle Ordinanze Generali approvate il giorno di San Giovanni Battista del 1721 a Londra. Dei landmarks, la cui origine risale al pastore protestante Anderson, che scrisse le regole della Massoneria hannoveriana, sono state redatte, in seguito, molte versioni, tra di loro diverse e spesso tra di loro discordanti.
A proposito dei landmarks, un confine preciso e inequivocabile va tracciato tra questi e gli Old Charges.
Gli Old Charges non possono infatti essere identificati con i landmarks e nemmeno con le Costituzioni del 1723 ” i cui autori – scrive René Guénon – si impegnarono, per quanto possibile, a far sparire proprio gli Old Charges, vale a dire i documenti dell’antica Massoneria operativa”. [1]
Da una recensione della bibliografia internazionale, risulta possibile rintracciare numerosi elenchi di landmarks (in genere identificati con il nome di chi li ha stilati) pubblicati a partire dalla nascita della cosiddetta Massoneria cosiddetta speculativa e successivamente adottati, parzialmente o completamente, da numerose Grandi Logge o dai Grandi Orienti del mondo. I più noti sono quelli di:
1) John W. Simons, con 1S Landmarks (1864);
2) Luke A. Locwood, con 19 Landmarks (1867);
3) H. B. Grand, con S4 Landmarks (1894);
4) Albert J.G. Findel, con 9 Landmarks
S) Alèxander S. Bacon, con 3 Landmarks (1918);
6) Roscoe Pound, con 7 Landmarks (1921);
7) Joseph D. Evans, con 10 Landmarks (1923);
8) Harry Carr, con cinque Landmarks;
9) Albert Mackey, con 2S landmarks (18S8);
10) Rob Morris, con 17 Landmarks (18S6);
11) Landmarks della Gran Loggia del Minnesota.
Nei landmarks Dio e anima sono concetti controversi.
Di alcuni di questi landmarks riporto le parti riguardanti Dio e l’anima.
Landmarks di Harry Carr -Il massone deve professare la fede in Dio, Grande Architetto dell’Universo. Il Volume della Legge Sacra deve essere presente in loggia e accessibile a tutti. Il Massone crede nell’immortalità dell’anima.
Landmarks di Rob Morris -La legge di Dio è la norma e il limite dalla Massoneria.
Landmarks secondo Albert G. Mackey -Credenza nella esistenza di Dio quale Grande Architetto dell’Universo. Credenza di una resurrezione ad una vita futura.
Landmarks secondo Roscoe Pound -Monoteismo, il solo dogma della Massoneria. Credenza nell’immortalità, la conclusiva lezione di filosofia della Massoneria. Il Volume della Legge Sacra, parte indispensabile dell’arredo della Loggia.
Landmarks della Gran Loggia del Minnesota -Che una credenza nel Supremo Ente, il Grande Architetto dell’Universo, che punirà il vizio e premierà la virtù, è un indispensabile prerequisito per l’ammissione in Massoneria.
Landmarks Albert J.G. Findel -Il candidato all’iniziazione deve confessare un culto universale, quello della legge morale, professato da tutti gli uomini indistintamente quali che siano le loro convinzioni religiose o le loro idee metafisiche particolari.
Landmarks secondo i Fratelli Chalmers (citazione del Farina) – A proposito di Dio affermano: “il credere nell’esistenza di Dio, il credere nella resurrezione dei corpi e nella vita futura”.
Pare del tutto evidente che siamo di fronte a tali differenze concettuali che i landmarks diventano un insieme di affermazioni assolutamente e totalmente inutili ad essere effettivamente dei landmarks, ossia delle pietre miliari, in quanto sono frutto di opinioni assai diverse e opinabili.
Dio e anima nelle formule di conventi e conferenze
Il Convento dei Supremi Consigli del Rito Scozzese Antico ed Accettato di Losanna 1875 (6-22 settembre) affermò: “La Libera Muratoria proclama, come ha sempre proclamato fin dalla propria origine, l’esistenza di un principio creatore sotto il nome di Grande Architetto dell’Universo”. E aggiunge: “Non impone alcun limite alla ricerca della verità, ed è per garantire a ognuno questa libertà che esige da tutti la tolleranza. La Massoneria è, dunque, aperta agli uomini di ogni nazionalità, di ogni razza, di ogni credenza”.
La formulazione fu contestata nella Conferenza Internazionale dei Supremi Consigli di R.S.A.A. del 1907 a Bruxelles e dalla Conferenza internazionale tenutasi a Baranquilla (Colombia) nel 1970, che rimandò ai regolamenti del 1762 (Parigi – Berlino) e alla Costituzione del 1786 (Federico II).
Nelle Costituzioni di Bordeaux 1762 si legge: “Siccome la Religione è un culto necessariamente dovuto a Dio Onnipotente, nessuna persona sarà iniziata ai misteri sacri da questo eminente grado, se non soggiace ai doveri della religione della nazione in cui deve indispensabilmente aver ricevuto i venerabili principi; e che questo deve essere certificato da tre Cavalieri Principi Massoni;….”.
E’ noto, inoltre che Albert Pike (riformatore americano del Rito scozzese) rifiutò le dichiarazioni di Losanna e diede del Rito Scozzese una propria interpretazione, riformandone i rituali.
L’insieme delle diverse formulazioni, sia dei landmarks, sia delle varie conferenze e conventi internazionali del Rito scozzese, nonostante risentano dell’influenza giudaico-cristiana, propone alla riflessioni due questioni. L’immortalità dell’anima e il concetto del divino come Grande Architetto dell’Universo. Due questioni che meritano di essere al centro dei lavori massonici senza cadere nella tentazione di abbracciare questa o quella religione.
Riguardo alla questione dell’anima, il convegno del 23 marzo 2019, dal titolo: “La scienza dell’anima” ha come intento l’approfondimento di una questione che riguarda da vicino ognuno di noi. Per quanto riguarda questa questione rimando agli articoli pubblicati su questo sito.
Un approfondimento delle questioni dell’anima e del divino parrebbe necessario, anzi, direi, indispensabile, ma necessita dell’acquisizione del dato che Federico II non è stato il fondatore del rito e nemmeno colui che lo ha fornito delle sue Costituzioni. La questione di Federico II, simbolo del connubio tra un despota illuminato e i gesuiti, va consegnata alla leggenda, perché tale è e rimane.
Riportare alla verità storica la questione di Federico II libera l’interpretazione dei Rituali scozzesi dall’influenza gesuitica che su di essi grava.
Infatti, nonostante i tentativi di manipolazione per costringere il Rito scozzese in una cornice giudaico-cristiana, questo mantiene una sua indubbia validità se, sotto il velame di una prima e superficiale lettura, si cercano i significati nascosti. Compito che è dei Massoni, dei frequentatori del Rito, ma anche di chi abbia voglia di cimentarsi pur essendo estraneo sia alla Massoneria, sia al Rito scozzese.
La questione dell’ateismo
Una delle questioni che emerge dalle varie affermazioni dovute alle Conferenze internazionali del Rito, ma anche delle Costituzioni redatte dal pastore protestante Anderson, è l’ateismo
Nella Dichiarazione dei Principi approvata dal Convento dei Supremi Consigli Confederati riuniti a Losanna nel settembre 1875, alla quale il R.S.A.A. si riferisce, si legge (citazione del Farina): “La Massoneria proclama, come ha sempre proclamato sin dalla sua origine l’esistenza di un principio creatore, sotto il nome di Grande Architetto dell’Universo”.
Nelle Costituzioni di Anderson è scritto: “Il massone è tenuto, per la sua condizione, ad obbedire alla legge morale e se egli intende rettamente l’Arte non sarà mai uno stupido ateo né un libertino irreligioso. Ma sebbene nei tempi antichi i Muratori fossero obbligati in ogni Paese ad essere della religione di tale Paese o Nazione, quale essa fosse, oggi peraltro si reputa più conveniente obbligarli soltanto a quella Religione nella quale tutti gli uomini convengono, lasciando loro le loro particolari opinioni; ossia essere uomini buoni e sinceri o uomini di onore e onestà, quali che siano le denominazioni che li possono distinguere; per questa ragione la Muratoria diviene il Centro di Unione, il mezzo per conciliare sincera amicizia fra persone che sarebbero rimaste perpetuamente distanti”.
Se analizziamo le Costituzioni di Anderson e le dichiarazioni del Convento dei Supremi Consigli Confederati di Losanna del 1875, ci troviamo necessariamente a confrontarci con l’affermazione che che un massone non sarà mai un ateo stupido.
L’affermazione di Anderson consta di un sostantivo (ateo) e su un aggettivo (stupido). Non è lecito supporre che l’aggettivazione sia pleonastica e, pertanto, va analizzata con la necessaria attenzione.
“Per i Greci – scrive in proposito Roberto Calasso -, átheos era innazitutto chi è abbandonato dagli dèi, non chi si rifiuta di credergli, come rivendicano fieramente i moderni”. [2] “I Greci – aggiunge Calasso -, sapevano chi erano e che cosa erano gli dèi. Più che credere agli dèi li incontravano”. [3]
L’aggettivo stupido deriva dal latino stupere, sbalordire; dalla radice *(s)tup, da cui il greco týpto (io batto), il sanscrito tupami (colpisco). Stupidus, da stupeo, significa: stordito, attonito, senza senso.
Essendo abbandonato dagli dèi, ossia dalle potenze dell’essere, che si mostrano come archetipi (il cui linguaggio è quello dei simboli), non essendo più capace di incontrarli, in quanto incapace di rapportarsi ad essi, avendo perduto la chiave del loro linguaggio, l’essere umano è attonito, stordito, sbalordito, senza senso ed essendo senza senso è disorientato.
Ma cos’è il senso? E’ il Logos.
Nel frammento 50, il pagano Eraclito, a proposito del Logos, afferma, nella traduzione di Diels: “Se non hanno inteso, non me, ma il senso, è saggio dire, secondo il senso (logoV) che tutto è uno”. [4] “Il movimento dell’intervento, che governa nella mobilità delle cose – commentano Heidegger e Fink –, accade in modo conforme al logoV”. [5]
L’ateo stupido ha perso il senso; ha perso il Logos; ha perso la parola. Ecco la parola perduta: il Logos incompreso, la perdita del senso.
Il massone, in quanto il percorso iniziatico lo mette continuamente a contatto e a colloquio con gli archetipi e con i simboli, non sarà mai uno stupido ateo; non è infatti abbandonato dagli dèi e rapportandosi ad essi incontra e ascolta e accoglie il Logos, azione dell’Arché.
Gli dèi, potenze dell’Essere, sono archetipi, impronte, sigilli, marchi dell’Arché, ossia dell’Origine.
“La ragione, il sapiente, il Logos e concetti affini non sono – scrive Eugen Fink – capacità soggettive, ma sono primariamente potenze che vigono attraverso il mondo, potenze cui l’uomo può prendere parte”. [6]
Tuttavia, come spesso avviene quando si ha a che fare con documenti riguardanti il mondo iniziatico, non ci si può accontentare di una sola interpretazione.
Se, infatti, l’interpretazione della frase relativa allo stupido ateo è che il massone deve credere in Dio, essa ci appare grossolana.
Non ci possiamo accontentare nemmeno di quella che ci presenta il massone come conoscitore si simboli e di archetipi e, in quanto tale, in collegamento con il divino.
La questione è, infatti, quella del Fondamento, ossia dell’Archè. Quell’Archè con la quale ogni qual volta si aprono i lavori di una Loggia massonica i massoni sono costretti a confrontarsi in quanto sull’Ara è presente nel Prologo del Vangelo di Giovanni nella sua fondante accezione di Principio, di Fondamento, di Origine della quale il Logos è azione improntante. Nel Vangelo di Giovanni è presente il binomio informazione-energia. E qui la questione del divino incontra non solo religioni, archetipi, miti, simboli, ma anche la scienza.
[1] René Guénon, Etudes sur la Franc Maçconnerie et le Compagnonnage, Ed. Traditionelles, Paris, 1964
[2] Roberto Calasso, L’ardore, Adelphi
[3] Roberto Calasso, L’ardore, Adelphi
[4] Citato in Martin Heidegger-Eugen Fink, Eraclito, Laterza
[5] Citato in Martin Heidegger-Eugen Fink, Eraclito, Laterza
[6] Eugen Fink, Le domande fondamentali della filosofia, Donelli editore